martedì 22 luglio 2003

Sturmtruppen con la fiamma sul berretto

Marco Cedolin

L'Iraq ha sopportato trent' anni di dittatura, dodici di embargo, l'invasione americana, i bombardamenti, i saccheggi, la mancanza d'acqua, occoreva davvero aggiungere a siffatte catastrofi anche l'arrivo dei carabinieri?
Il parlamento Italiano ha ritenuto di si, quando ad Aprile ha avallato l'invio dei rambo con la banda rossa sui pantaloni, seguendo la consueta logica "dell'armiamoci e partite".
Naturalmente, come ogni medicina, anche le "fiammelle" dispensatrici di ordine, terapia del manganello e pistolettate alla rinfusa vanno prese a piccole dosi. Dei 350 eroi, sembra preposti alla sicurezza della semi sconosciuta cittadina di Al Nassirvah o dell'ancor più piccolo centro di Dhi Oar, sono partiti in 14, belli, giovani, forti e nei secoli fedeli.

Sono partiti, senza paura per uno scopo tanto nobile quanto incomprensibile, proteggere l'installazione a Baghdad di un ospedale da campo non richiesto da nessuno e giudicato inutile perfino dalla croce rossa internazionale, ma fortemente voluto dal governo Berlusconi come atto di presenza italiano nella regione.
Il guaio è che gli indomiti cavalieri senza macchia e senza paura, hanno rischiato di essere proprio loro gli unici ospiti di quell'ospedale per effetto della disidratazione.
Dando ennesimo sfoggio di quello scarso acume che da sempre caratterizza i militi dell'Arma i 14 "robocop" del Tuscania al comando del tenente colonnello Paolo Coletta, nel maldestro tentativo di arrivare in Iraq prima dell'esercito, sono stati traditi da quella fretta che, si sa, non è mai buona consigliera, e hanno finito per ritrovarsi nella Baghdad appena "conquistata" privi di rifornimenti.

Mi pare di vederle quelle sette coppie (io leggo tu scrivi) quando, con l'orgoglio proprio del conquistatore e la fierezza che nasce da mille battaglie, si approssimano al desco per scoprire che non vi è nulla, ma proprio nulla da mettere sotto i denti.
Mi pare di sentire la furia belluina che li pervade tutti nella vana ricerca di un piatto di pasta al sugo, o almeno una fetta di salame, il fantasma di una bistecca, la foto di una frittura di mare e invece solo il nulla, immangiabile, invisibile.
Come se non bastasse, per uno strano scherzo del destino anche le riserve d'acqua minerale sono andate a male e al fiore all'occhiello delle nostre forze armate non è rimasta altra alternativa che quella di chiedere aiuto agli americani.
E' triste dovere immaginare uomini tutti d'un pezzo, passati attraverso, anzi sopra le contestazioni no global, uomini abituati a non dover chiedere mai (eccezion fatta per i documenti), uomini che da sempre guardano gli altri direttamente negli occhi con aria di ostentata superiorità, prostrati dalla sete come naufraghi in un deserto, le labbra riarse, quelle divise sinonimo d'impettita arroganza divenute all'improvviso fornaci di calore.

E la fantasia corre su quegli sprovveduti carabinieri costretti a prostrarsi con vergogna di fronte ai soldati americani nel chiedere cibo e acqua, carabinieri corsi fin quaggiù in tutta fretta per ristabilire l'ordine perduto, con la fermezza e competenza che da sempre gli appartiene (chi era a Genova non potrà che confermarlo) e ritrovatisi ad assalire i camion degli aiuti umanitari, alla stessa stregua degli assediati di Bassora.
Naturalmente di fronte agli alti obiettivi della missione questi sono accadimenti di secondaria importanza, come risulta poco importante il fatto che gli americani, in virtù della scarsissima considerazione in cui tenevano i nostri uomini, li abbiano fatti aspettare tre giorni, prima di scortarli malvolentieri da Kuwait city.

L'impressione in chi, sconcertato apprende queste notizie, è che si tratti solo del prologo, non osando immaginare a quali livelli di fantozziano senso del ridicolo si giungerà con l'apporto degli altri 336 commilitoni.
In effetti, per non far torto a nessuno, ridicola è apparsa sin dall'inizio tutta la vicenda inerente l'invio di un nostro contingente in Iraq.
Il governo Berlusconi, dopo essersi schernito per tutta la durata del conflitto dietro la farsa di una "non belligeranza immaginaria" ha deciso, con l'avvallo dei “silenti” di Montecitorio il cambio repentino della nostra "politica coloniale" non appena gli alleati americani hanno fatto ingresso in Baghdad.

Farsesca è apparsa la decisione d'inviare tremila uomini, non richiesti da nessuno e disancorati da eventuali iniziative dell'Onu e dell'unione Europea.
Rocambolesco è stato il tentativo di camuffare l'invio dei 3000 uomini in armi (a un costo che si aggirerà sui 350 milioni di euro per i soli primi sei mesi) sotto le mentite spoglie di una missione umanitaria a protezione degli aiuti, che non avrebbe avuto obiettivamente ragione di esistere.
Non ci resta dunque che aggrapparci a un sottile filo di speranza, quella che il paese dove i nostri eroi saranno stanziati, ovviamente sotto comando Inglese, sia piccolo, ma veramente molto piccolo. Mi direte che in questo caso la gente mormora, ma almeno a mormorare saranno poche persone e grandi danni non ne potranno fare.

giovedì 10 luglio 2003

Ti dico che è vero, l'ha detto la TV

Marco Cedolin

Non è un caso che il controllo delle televisioni in Italia e all'estero sia oggetto di battaglie all'ultimo sangue fra partiti politici, gruppi di potere e lobbies di ogni genere e specie.
Al di là degli immensi interessi economici derivanti dagli introiti pubblicitari il vero oggetto del contendere è la costruzione della realtà.
La realtà dei nostri giorni è infatti quasi completamente prodotta dai media e la Tv ricopre fra essi il ruolo del leone, arrivando con i propri messaggi a “colpire” la quasi totalità delle persone.
Il controllo delle televisioni è oggi la più potente arma esistente a disposizione di chi detiene il potere, poiché permette al tempo stesso d'indirizzare i gusti e le scelte dei consumatori e di forgiare una realtà parallela che si radicherà ben presto nella mente dei più come l'unica realtà incontrovertibile.

Attraverso un'oculata gestione delle notizie e dei programmi risulta cosa facile evidenziare determinati accadimenti e mantenerne nell'ombra altri, dare a determinate notizie il peso specifico desiderato ed ottenere di conseguenza la risposta emozionale che s'intendeva innescare nello spettatore.
Un esempio di qualche giorno fa è stata la fuga di uno degli assassini del gioielliere a Milano, scarcerato nonostante l'ergastolo per motivi di salute.
L'indignazione verso i giudici e il sistema giudiziario italiano è stata grande per qualunque persona normale e si sono vissute emozioni di sdegno in riferimento ad un fatto mai esistito.
Quella della TV è stata la nostra realtà fino a quando la TV stessa non ha affermato che l'uomo era stato trovato a letto malato nella casa di un'amica e versava in gravi condizioni che mai gli avrebbero permesso una fuga.
In questo caso si è trattato probabilmente di un semplice errore giornalistico, ma il fatto serve a testimoniare come la nostra percezione della realtà sia fortemente soggettivata a quello che la TV dice.

Non vi è mai capitato discorrendo con qualcuno di sentirvi rispondere “ti dico che è vero! L'ha detto la TV” ?
I telegiornali e per estensione tutti i programmi televisivi d'informazione assurgono al ruolo di verità irrefutabili ed hanno un ruolo preponderante nella costruzione di quell'immenso puzzle che è la nostra percezione della realtà che ci circonda.
Il nostro modo di pensare sarebbe stato lo stesso se la televisione non avesse detto che l'Iraq traboccava di armi di distruzione di massa o se i soprusi dei talebani fossero stati messi in evidenza quando gli americani li foraggiavano e non dopo l'11 settembre o ancora se le dichiarazioni del capo degli ispettori ONU Hans Blix o l'inattendibilità delle “prove” americane ed inglesi fossero state rese pubbliche prima dell'inizio dell'attacco all'Iraq?
La nostra idea sugli Stati Uniti, sul pericolo terroristico, sui musulmani, sul conflitto israelo - palestinese, sulla globalizzazione, sullo stato reale dell'economia e dei diritti nel nostro paese deriva davvero da considerazioni oggettive o rischia di essere figlia dell'informazione TV?Darci una risposta richiede un'attenta disamina interiore ma è necessario per capire quanto libero sia veramente il nostro pensiero.

venerdì 4 luglio 2003

Cacciatori di taglie

Marco Cedolin

Cacciatori di Taglie


Gli Stati Uniti non perdono mai occasione per dare sfoggio del loro pensiero democratico e libertario.
La più grande “democrazia” del mondo si rifà ai lontani tempi delle proprie origini per donare al mondo intero una dimostrazione di civiltà senza eguali.
Si riscopre l'atmosfera avventurosa dell'antico West, le strade polverose calcate dai pistoleri col grilletto facile, le eroiche cavalcate, le epiche battaglie contro i musi rossi, gli sceriffi sempre un po' imbronciati con la stella dorata che luccica sotto il solleone, lo sterminio degli indiani, i cacciatori di taglie.
25 milioni di dollari sulla testa di Saddam, altrettanti su quella di Bin Laden, solo 15 milioni su quella dei figli di Saddam, il cui valore intrinseco è evidentemente meno elevato di quello del papà.

Alla fine della II guerra mondiale i nazisti sono stati tradotti a Norimberga e lì processati e giudicati,
Nei 58 anni che sono passati da allora molti “criminali di guerra” sono stati condotti a giudizio al tribunale dell'Aia e molti altri come Bush e Sharon hanno seguitato impunemente a compiere genocidi continuando a godere della stima del mondo intero.
Adesso la legge del Far West ha sostituito ogni tribunale, giudice o corte, la condanna viene proferita in maniera unilaterale da G. W Bush, che non ha bisogno di organi di giustizia in quanto è egli stesso giudice supremo sulla terra.

Ascoltare nel 2003 i media discorrere tranquillamente di taglie sulla testa delle persone, come se fosse un fatto del tutto naturale, sinceramente è cosa che mi lascia basito.
Il futuro, gestito dalle menti illuminate sarà dunque costellato dai linciaggi e dalle impiccagioni?
Quanto sarà disposta a sborsare l'Amministrazione americana, magari per lo scalpo di Arafat o del “giovanotto” che governa la Siria?
Per ora lasciamo si scatenino i “cacciatori di taglie del nuovo millennio”, vero esempio di cultura, civiltà e progresso, immergiamoci senza paura nel nuovo Far West americano.