domenica 3 settembre 2006

Rutelli ha scoperto le ferie permanenti

Marco Cedolin

Nell’atmosfera pesante che permea questi primi giorni di settembre, fra le pieghe di argomenti spinosi e complessi quali la nuova finanziaria, il destino delle pensioni, la missione italiana in Libano, il problema del difficile risanamento del debito pubblico del Paese che sembra dovere giocoforza passare attraverso l’incremento del debito personale di coloro che il paese lo abitano, per fortuna c’è ancora spazio per sorridere. Magari si tratterà di un sorriso amaro, più simile ad un tic nervoso che non a quei sorrisi distesi e giocondi che traggono spunto dalla gioia dell’animo ma siccome “accontentarsi” è la prima regola per assurgere alla felicità è impossibile non essere grati al Vice Presidente del Consiglio Francesco Rutelli per le esternazioni pronunciate in quel di Cernobbio.

Rutelli ha esordito affermando “come sia tempo che gli italiani cambino le loro abitudini per quanto riguarda le vacanze” dimenticando che negli ultimi anni per una grossa parte d’italiani si è purtroppo persa proprio l’abitudine di andare in vacanza a causa dell’evidente indisponibilità a recuperare quei quattrini indispensabili per trasmigrare verso i luoghi deputati all’ozio e alla contemplazione. Il Vice Presidente del Consiglio si è poi chiesto “se sia giusto che nel 2006 si vada in vacanza come si andava nel 1966” nonostante il progresso (aggiungo io che a sorridere ci provo sempre un gran gusto) ci abbia finalmente affrancati da quei mezzi obsoleti (auto e moto) che nel 1966 erano indispensabili per raggiungere le spiagge e i monti.“Basta con i tre mesi estivi, l’Italia deve adeguare le sue vacanze ad un nuovo modo di fare turismo” che contempli dunque tutti i mesi dell’anno, continua Rutelli che poi aggiunge come questa sua proposta già portata in Consiglio dei Ministri avrebbe ricadute importanti “su quella grande industria nazionale, con grandi potenzialità che è il turismo”.

Premesso il radicale cambiamento (in parte voluto e in parte obbligato) delle abitudini degli italiani che da molti anni a questa parte si sono visti costretti o hanno scelto di mutuare il canonico “mese di agosto in vacanza” proprio degli anni 60/70 con periodi molto più brevi spalmati nel corso dell’anno, fino ad arrivare al weekend mordi e fuggi, davvero si fatica non poco ad evitare di sorridere entrando nel merito delle parole pronunciate dal vice Premier. Anche nel 2006 l’aereo, poco inquinante e poco costoso, per quanto ne sia aumentato l’uso è ancora lontano dall’essere in cima alla lista dei mezzi di trasporto adottati dagli italiani che per andare in vacanza continuano a preferire mezzi anacronistici quali l’auto, la moto ed il treno come nel 1966 e questo piccolo particolare sembra essere il primo a rivelarsi in netto contrasto con il progetto di Rutelli.L’impiegato di Milano, come l’operaio di Torino, il bancario di Prato o l’insegnante di Frosinone, condannati alle “ferie” nei mesi di ottobre e novembre o gennaio e febbraio credo avrebbero qualche difficoltà a distendersi sulle spiagge umide e gelate della riviera romagnola, pur sostituendo l’olio solare con abbondanti dosi di grasso di foca e certo non andrebbe meglio a coloro che scegliessero le rive del Tirreno, il mare della Sardegna o il fascino del Lago di Garda, sulle cui sponde oltretutto la nebbia li metterebbe a rischio di colossali capocciate durante la passeggiata sul bagnasciuga.
Credo il discorso sarebbe paritetico ed il divertimento assai contenuto anche per coloro che “usano” le ferie per abitare la casa in campagna (per pagare l’ICI della quale sacrificano almeno un mese del loro stipendio) alle prese con la bruma mattutina e la natura decorata dalla galaverna sarebbero costretti a “sopravvivere” lunghe penose giornate davanti al camino a giocare a carte, per evitare di diventare anche loro parte integrante (congelata) dell’immagine poetica che la natura offre di sé quando giace addormentata durante il sonno invernale.
Anche i soggiorni negli agriturismo e le visite alle città d’arte perdono gran parte del loro fascino quando si deve combattere contro l’inclinazione dell’ombrello, il vento gelato che ti sferza la faccia, i piedi che iniziano ad intorpidirsi, la navigazione a vista nelle pozzanghere ed altre esperienze che accompagnano immancabilmente il deambulare nelle nostre città durante i mesi invernali.Pur comprendendo quanto Rutelli confidi nello stravolgimento del clima indotto dall’effetto serra, l’unica possibilità per il forzato delle ferie Autunno/Inverno resterebbe dunque quella dell’espatrio coatto verso qualche località esotica , ammesso che le sue finanze possano sostenerlo in questo intendimento.

Le ricadute di un simile progetto sull’industria del turismo nazionale sarebbero perciò sicuramente importanti, come dice Rutelli, ma solamente perché condurrebbero sul lastrico gran parte degli albergatori, stabilimenti balneari, agriturismo, e tutti coloro che operano nell’ambito dell’accoglienza turistica nel nostro paese. Costringere una parte d’italiani a trascorrere le ferie all’estero, disertando le località di casa nostra non mi sembra un grande esercizio di buon senso, ma piuttosto un’idea balzana e pericolosa a prescindere dal fatto che si rapporti con la realtà del 1966 o del 2006.

La proposta delle “ferie permanenti” sempre che non si confondano le ferie con la disoccupazione, troverebbe anche parecchi scogli nell’ambito dell’integrazione con l’anno scolastico. Rutelli a questo proposito afferma di averne già parlato con il Ministro della Pubblica Istruzione Fioroni e da questo confronto d’idee forse nascerà un nuovo sistema di valutazione delle assenze scolastiche fondato sui debiti e crediti in questo caso vacanzieri e non formativi.
Potrebbe non essere inusuale in futuro prossimo vedere le scuole aperte nel mese di agosto, così incuranti della canicola e del solleone il ragazzino umbro trascinato dalla famiglia nel mese di novembre su quel ramo del lago di Como tanto caro al Manzoni potrà ascoltare la lezione della professoressa toscana che ha trascorso metà gennaio fra i licheni della tundra di Riccione, entrambi figli del progresso e della crescita, della fantasia.

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