mercoledì 10 gennaio 2007

La democrazia arriva anche in Somalia

Marco Cedolin

George W. Bush e l’amministrazione americana da lui controllata continuano a gestire con estrema disinvoltura le operazioni di “esportazione democratica” in giro per il mondo, prodigandosi per far si che nessun paese si ritrovi privato di un bene così essenziale.Dopo l’annientamento materiale e morale dell’Afghanistan e dell’Iraq, ridotti a maleodoranti campi di battaglia dove le mine antiuomo ed i residui dell’uranio impoverito garantiranno alle generazioni a venire un futuro democratico fatto di menomazioni fisiche, leucemie, linfomi e tumori, l’attenzione del “gendarme del mondo” inizia a spaziare verso nuovi orizzonti.
Se il 2006 si è chiuso nel segno dell’ignominia, con l’immagine di Saddam Hussein appeso alla forca in mondovisione a dimostrare quale sia la giusta fine per chiunque osi opporsi all’avanzata della democrazia, il nuovo anno si mostra da subito foriero di sorprese a dir poco inquietanti.

Aerei ed elicotteri americani hanno bombardato ieri pesantemente la zona sud orientale della Somalia, provocando la morte di almeno 30 civili in fuga dalla guerra e di un numero imprecisato di militanti islamici in ritirata, mentre dinanzi alle coste della Somalia la portaerei Eishenower sta per unirsi ad altre tre navi da guerra americane già presenti sul posto.Secondo le autorità statunitensi la giustificazione di questo nuovo massacro è come sempre da ricercarsi nella lotta contro il terrorismo che l’esercito americano sta portando avanti con ogni mezzo in ogni parte del globo, incurante dei confini dei vari stati sovrani che lo compongono. Ancora una volta i morti ammazzati sono civili innocenti incappati per un caso fortuito nel fuoco della macchina da guerra di Bush che insegue fantomatici luogotenenti di Al Quaeda, nell’encomiabile sforzo di annientare il nemico invisibile.

Ancora una volta una strage perpetrata da soldati americani e giustificata tramite argomenti ridicoli, viene compiuta nell’acquiescenza generale, suscitando al più qualche sommesso rimbrotto da parte dell’ONU e dell’Unione Europea. Il Presidente somalo Abdullahi Yusuf, dal canto suo, avendo molto più cara l’integrità futura del proprio collo, piuttosto che non la salute della popolazione di Somalia, si è affrettato a dichiarare con estrema deferenza che gli Stati Uniti hanno il diritto di lanciare raid sul territorio somalo come meglio credono, confermando il consolidamento di una nuova era coloniale, asservita questa volta ad un’unica bandiera.
Venti di guerra sempre più insistenti stanno ormai soffiando sull’intera area e nell’attesa che come nelle terre afghane ed irachene inizi a germogliare la democrazia, già s’inizia a parlare di una futura missione internazionale di pace/guerra, volta ad evitare uno scontro di religioni e civiltà. Per i soldati anche questo nuovo anno è iniziato dunque senza il timore della disoccupazione, anzi le prospettive sembrano addirittura quelle di dovere fare gli straordinari.

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