domenica 18 febbraio 2007

A Vicenza parla solo la pace

Marco Cedolin

Dopo una settimana caricata di tensione fino all’inverosimile è arrivato finalmente il momento della grande manifestazione di Vicenza.
Proprio a Vicenza è accaduto qualcosa di profondamente nuovo, qualcosa in grado di sovvertire il condizionamento imposto dalla cattiva informazione.
I cittadini italiani hanno smesso di credere alle menzogne propinate inopinatamente dagli uomini politici e dai giornalisti, scegliendo di riappropriarsi della realtà.

La grottesca farsa incentrata sull’improbabile “rinascita” del terrorismo brigatista e la conseguente campagna mediatica mirante a criminalizzare ogni movimento antagonista hanno fatto da prologo ad un intenso lavorio finalizzato a dissuadere dalla partecipazione alla manifestazione di Vicenza buona parte di coloro che contestavano la creazione della nuova base militare americana Dal Molin.
Rutelli, Amato, il sindaco vicentino Hüllweck e molti altri rappresentanti del mondo politico tanto di governo quanto di opposizione, coadiuvati da pennivendoli e opinionisti di ogni risma e colore, hanno fatto a gara nel corso della settimana nel vaticinare ogni genere di sventura ed accadimento luttuoso.
Hanno pronosticato improbabili quanto fantasiose colleganze fra i manifestanti pacifisti e le frange di un terrorismo solo immaginato.
Hanno affermato di ritenere probabile il ricorso alla violenza da parte di chi aveva deciso di recarsi a Vicenza per contestare pacificamente una base di guerra.
Hanno diffuso l’immagine di una città in stato di assedio, presidiata da migliaia di poliziotti, con i tombini saldati, i cestini della spazzatura rimossi, gli abitanti in fuga, nel palese tentativo di riproporre nell’immaginario collettivo l’incubo della tragedia del G8 di Genova.
Hanno riempito teleschermi e pagine di giornali con deliri isterici privi di senso, producendosi in un vero e proprio esercizio di terrorismo psicologico.

Ma gli italiani, ed è questa la novità, non li hanno tenuti nella minima considerazione.
I Vicentini anziché fuggire, come era stato loro suggerito, hanno preferito scendere in piazza a manifestare, trascinando con il loro entusiasmo tutti i manifestanti che nonostante gli squallidi appelli a “stare a casa” sono accorsi ancora più numerosi del previsto da ogni angolo d’Italia.
Vicenza si è svegliata con i tombini sigillati ma le strade ripiene di una moltitudine pacifica e colorata e si è così riscoperta città che rifiuta non solo la guerra ma anche le strumentalizzazioni.

Almeno 150.000 persone hanno sfilato come un fiume senza fine e lo hanno fatto fianco a fianco, i giovani dei centri sociali e le mamme con i passeggini, i NO TAV della Valle di Susa che hanno raccolto il commosso applauso dei cittadini di Vicenza, gli anziani, i ragazzi delle scuole e soprattutto i vicentini di ogni età e di ogni ceto sociale.
A Vicenza tutti, ma proprio tutti, hanno voltato le spalle alle cassandre, ribadendo il diritto sacrosanto di ciascuno a decidere del proprio futuro.
A Vicenza si è costruito un momento di pace mentre la classe politica inneggiava alla guerra, facendo perdere a questo modo di fare politica ogni residua credibilità.
Vicenza si è imposta oggi come “una storia nuova” che potrà insegnare molto a qualunque governo intenda rapportarsi in maniera diversa ed orizzontale con i propri cittadini.
Purtroppo Romano Prodi dall’alto del suo scranno si è affrettato a precisare che la lezione subita non modificherà le sue decisioni, dimostrando in questo modo quanto sia difficile imparare quando ci si rivela incapaci di leggere la realtà.

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