venerdì 15 giugno 2007

Il TAV è come un tunnel infinito

Marco Cedolin

Ci sono incubi dai quali ci si illude di essersi svegliati mentre invece si è semplicemente precipitati in un nuovo sogno che a poco a poco si scopre essere peggiore del precedente. Il TAV è uno di questi con l’unica differenza che si tratta di pura realtà e non esistono risvegli in grado di esorcizzarla.
Il vecchio TAV parlava il linguaggio dell’egoarca Berlusconi, del ministro talpa Lunardi, dell’occupazione militare del territorio, delle cariche della polizia, di un progetto senza senso di cui erano state messe in luce tutte le molteplici criticità, finalizzato alla costruzione di un’opera che nessuno in 15 anni è mai riuscito a motivare come utile e necessaria portando qualche argomento che esulasse dalla esternazioni ad effetto senza fondamento. Era un TAV odioso, portato avanti con prepotenza, imposto a forza sopra le teste dei cittadini, ma tutti avevano ben chiaro di cosa di trattasse, esisteva un progetto ben definito, esistevano dei soggetti politici determinati a metterlo in atto e degli oggetti polizieschi preposti a tradurlo in realtà con l’uso della violenza.
Andò a finire come tutti sappiamo, con molti cittadini al pronto soccorso ma molti di più nei prati di Venaus davanti alle ruspe, determinando la prima vera sconfitta del sistema di connivenza politico – mafioso legato alle grandi opere.

Il TAV di oggi tutti si domandano cosa sia, trovandosi in balia della confusione più totale, mancando qualsiasi elemento apprezzabile che sia in grado di portare a delle considerazioni oggettive. Il TAV di oggi è la rappresentazione di quel circo equestre a cui è ridotta la politica italiana, fatto di sotterfugi, mezze frasi mormorate nella penombra chiaroscurale dei bugigattoli di palazzo, progetti segreti che appaiono e scompaiono quasi si trattasse del Philadelphia Experiment, popolazioni che dovrebbero condividerli senza essere mai state neppure a conoscenza della loro esistenza, accordi con le amministrazioni locali annunciati e poi smentiti un’infinità di volte sul piano inclinato dell’imponderabile, finanziamenti UE giudicati imperdibili anche se somigliano più ad un obolo che a un intervento finanziario, conferenze dei servizi portate avanti su progetti destinati alla cancellazione, Osservatori che nascono per valutare l’opportunità di costruire un’opera e prima di essere giunti ad una conclusione diventano laboratori per l’elaborazione dell’opera stessa, senza che nessuno dei partecipanti trovi singolare questa mutazione genetica.

Il TAV di oggi è una babilonia d’intendimenti che si contraddicono l’uno con l’altro, una cacofonia di affermazioni che hanno lo scopo di creare il caos, ottundere i sensi e indurre all’intorpidimento delle coscienze.
Mercoledì 13 giugno durante il tavolo politico a Palazzo Chigi, nel corso di una riunione di sole 2 ore e mezza che stupisce per la sua brevità, il Governo presieduto da Romano Prodi, l’architetto Mario Virano Presidente dell’Osservatorio, la Presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso, il sindaco di Torino Chiamparino e gli amministratori locali della Valle di Susa da sempre NO TAV, della Val Sangone, della Gronda est ed ovest sembrano avere trovato un’intesa di massima sull’approccio alla questione TAV, tale da indurre tutti a considerarsi felici e soddisfatti dell’incontro, quasi a comporre un quadretto idilliaco simile a quello riproposto in molte nottate di spoglio elettorale.

I motivi di una così grande felicità allignano in una serie di decisioni ed accadimenti molti dei quali brillano tanto per il tempismo con cui sono stati concepiti quanto per il grado di approssimazione che li caratterizza.
Il vecchio progetto, l’unico progetto mai esistito concernente la Torino – Lione, sul quale è stata portata avanti fino ad oggi la Conferenza dei Servizi è stato stralciato e sarà sostituito da un nuovo progetto che non esiste ma in pratica è come se esistesse, seppure in forma embrionale.
Nel progetto che non c’è Il tunnel di base di 53 km che doveva sbucare a Venaus ed è costato ai valsusini tante bastonate ed altrettante notti all’addiaccio non si farà più o meglio non sbucherà più a Venaus, bensì a qualche km di distanza, in un indefinito limbo di Val di Susa e non si comprende per quale ragione la popolazione dovrebbe ritenere questa soluzione migliorativa rispetto alla precedente.

Sempre nel progetto che non c’è il TAV non correrà più sulla sinistra della Dora bensì sulla destra, evitando l’amianto del Musinè ma sventrando la collina Morenica nei pressi di Avigliana in un territorio geologicamente altrettanto problematico. Poi proseguirà il suo cammino in maniera indefinita per lunghi tratti parallelamente alla ferrovia attuale che verrà in parte interrata (o meglio “annacquata” dal momento che nella realtà la falda acquifera in Valle si trova a soli 2 metri di profondità) al fine di ricucire il territorio, con impatti ambientali e costi che non vi è ragione di ritenere inferiori rispetto a quelli del progetto precedente.

Il progetto che non c’è verrà discusso, sviscerato ed eventualmente integrato e modificato durante le prossime sedute dell’Osservatorio presieduto da Mario Virano, all’interno del quale gli amministratori NO TAV della Val di Susa potranno proporre osservazioni e modifiche concernenti l’opera (il TAV) alla quale da sempre si oppongono in quanto inutile e devastante.

Entro il 23 luglio il progetto che non c’è dovrà trasmutare dallo stato metafisico ad una qualche parvenza di realtà per essere proposto alla UE al fine di ottenere l’agognato finanziamento la cui consistenza sembra essere tanto ectoplasmatica almeno quanto quella del progetto.

Naturalmente del progetto che non c’è non si conoscono i costi, né l’esatta ubicazione, né tanto meno gli impatti ambientali e le criticità, forse proprio per questo il governo ha già anticipato il suo proposito di ottenere il consenso della popolazione che anche in questo caso non c’è, in quanto nessuno ha mai ritenuto opportuno dialogare con tutti coloro che vivono in Val di Susa e da sempre contestano l’opera in quanto inutile, costosa ed invasiva a prescindere da quale sia il progetto. Il nuovo TAV è solo all’inizio del proprio camminamento, ma già s’incomincia a rimpiangere quello vecchio, lì esisteva un progetto da analizzare e contestare nel merito, esistevano i buoni ed i cattivi, esistevano soddisfatti ed insoddisfatti, i valsusini erano ottusi e “sfaccendati” ma contrari al TAV. Qui i valsusini diventano creature di fantasia che iniziano a comprendere l’importanza dell’opera, esistono solo il TAV, una marea di parole senza senso ed una selva di facce che sorridono senza che si possa comprenderne il perché.

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