martedì 11 marzo 2008

Le Olimpiadi dello smog

Marco Cedolin

L’etiope Haile Gebreselassie, primatista mondiale della maratona, ha comunicato oggi la propria decisione di rinunciare a prendere parte alla maratona olimpica di Pechino, in quanto ha dichiarato di temere che gli altissimi valori d’inquinamento presenti nell’aria della capitale cinese possano essere pericolosi per la sua salute, con il rischio di mettere a repentaglio la prosecuzione della propria carriera.

La notizia non mancherà di far discutere, riportando alla luce il timore che quelle di Pechino 2008, anziché per record e meriti sportivi, possano passare alla storia come le “Olimpiadi dello smog”, consegnando a questa edizione dei Giochi Olimpici un primato che tanto il CIO quanto il governo cinese non ambiscono certo ad ottenere.
Il problema dell’inquinamento è da tempo noto agli organizzatori, tanto che lo stesso capo del CIO Jacques Rogge aveva da tempo ventilato la possibilità di fare slittare rispetto al calendario originale, in funzione della concentrazione di agenti inquinanti nell’aria, la data di alcuni eventi sportivi come la maratona e le gare ciclistiche su strada. Proprio temendo le ripercussioni dello smog sulla salute degli atleti è già stato previsto l’allestimento di un sistema di monitoraggio dell’aria che consenta di controllare in tempo reale la concentrazione di sostanze tossiche, fermando le gare qualora essa superi un determinato livello di pericolosità.

Alla luce di questi fatti viene però spontaneo domandarsi per quale ragione nessuno s’interroghi sulle conseguenze dell’inquinamento per gli oltre 15 milioni di cittadini che affollano la capitale cinese ed ogni giorno sono costretti a “correre” la propria gara a prescindere da quanto sia spesso lo strato di smog. E’ vero che la maggior parte di loro non si sta rendendo protagonista di una fulgida carriera come quella dell’atleta etiope, ma è altrettanto vero che anche la loro salute meriterebbe di essere preservata alla stessa stregua di quella degli atleti olimpici.
Fermare le gare quando l’inquinamento raggiunge livelli inaccettabili denota poi un cortocircuito logico che sfocia nella supina accettazione del disastro ambientale costruito dall’unica corsa ritenuta inarrestabile che è quella della crescita economica. Il solo esercizio intelligente sarebbe infatti quello di fermare lo smog (e non le corse) per restituire a tutti la possibilità di uscire all’aperto senza rischiare la propria incolumità.

Tornando a Gebreselassie, il campione etiope ha dichiarato di volere proseguire la propria carriera fino ai Giochi di Londra 2012, dove conta di stabilire un nuovo primato della maratona.
Naturalmente tutti gli auguriamo di riuscirci e ci dispiacerebbe deludere le sue aspettative, ma avrà detto questo perché considera l’aria londinese più salubre rispetto a quella di Pechino o semplicemente perché conta di terminare lì la sua carriera?


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